CORONA VIRUS – SICUREZZA SUI LUOGHI DI LAVORO E ASSENZE DEL LAVORATORE

Gentili Clienti,
Vi invitiamo a contattare i vostri consulenti in materia di sicurezza ed igiene nei luoghi di lavoro per ottenere indicazioni in materia di tutela della salute ed in merito ad un’attenta applicazione del D.Lgs. 81/2001.

INDICAZIONI D.LGS 81/2001

Considerato che ai sensi del D.Lgs. 81/2001 (artt. 266 e 267) “Il datore di lavoro ha l’obbligo di tutelare i dipendenti dall’esposizione agli agenti biologici, ossia da qualsiasi microrganismo che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni”, in relazione all’allerta Corona virus, il Ministero della Salute, con la circolare 3 febbraio 2020 n. 3190, ha fornito alcune prime indicazioni sulle misure preventive che i datori di lavoro devono adottare. Si tratta di comuni misure utili a evitare i virus influenzali e parainfluenzali, che però sono da ritenersi parzialmente superate allo stato attuale, in quanto al momento dell’emanazione non era ancora stata riscontrata, in Italia, la diffusione del Corona virus. Innanzitutto il datore ha l’obbligo di comunicare all’intero personale dipendente le prescrizioni necessarie per evitare i contagi e i comportamenti da attuare per chi si trova a contatto col pubblico e nell’ipotesi in cui si riscontri un caso sospetto. Oltre al dovere di informazione dei lavoratori, riportiamo a seguire alcune ulteriori misure minimali da adottare:

  • controllare se nel Documento di Valutazione del Rischio (DVR) è stato valutato il rischio da contatto con il pubblico o la lavorazione che è destinata al pubblico. Nel caso ricorra, e senza che sia stato valutato, si deve adeguare il DVR ai sensi degli articoli 15, 17, 77, 234, 236, 237, 238, 240, 271, 272, 275, 276, 277 del D.Lgs. citato in oggetto;
  • prevedere, in caso di sospetto di contagio, un controllo sanitario straordinario al personale ai sensi degli artt. 24, 25, 28, 41, 273, 274, a cura del medico competente;
  • sanificare gli ambienti: per assicurare la salubrità del posto di lavoro, si raccomanda l’installazione di erogatori di gel antibatterici, l’adozione di piccole pause con continuità per consentire ai lavoratori ripetuti lavaggi, il frequente ricambio d’aria, l’accurata e continua pulizia degli spazi e delle superfici con appositi prodotti igienizzanti (i prodotti più efficaci risultano essere quelli a base di candeggina o cloro);
  • evitare il sovraffollamento dei locali: dallo spostamento di postazioni di lavoro, ai turni per la fruizione della sala mensa, sino ad arrivare alla chiusura degli spazi comuni e al controllo e al contingentamento degli accessi per visitatori e veicoli in visita. Il DPCM 23 febbraio 2020, a questo proposito, consente il ricorso allo smart working, anche in assenza di accordo individuale, nelle aree considerate a rischio per l’emergenza coronavirus;
  • fornire dispositivi di protezione individuale (DPI) ai dipendenti per tutelarli dal rischio biologico. Verificare se nelle ricevute di consegna dei DPI sono già state previste la consegna di guanti e mascherine e, se occorre, integrare e far firmare al dipendente per ricevuta la modifica della dotazione (art.18, 20, 30, 59, 70, 75). Fanno parte dei dispositivi di protezione tutte le attrezzatture assegnate e indossate dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischio suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo (art. 74 del DLgs. 81/2008). I DPI di cui dotare i lavoratori possono essere differenti, tenendo conto della natura, dell’attività e dei fattori specifici di rischio presenti nell’unità lavorativa. Nel caso di specie – rischio da Corona virus – sono utili i dispositivi per la protezione delle vie respiratorie, che evitano o limitano l’ingresso di agenti potenzialmente pericolosi nelle vie aeree. La protezione è garantita dalla capacità filtrante dei dispositivi in grado di trattenere le particelle aerodisperse, impedendone l’inalazione. Informiamo che non sono DPI le mascherine chirurgiche o igieniche sprovviste di filtro.

In ogni caso, i DPI devono essere necessariamente utilizzati nei casi in cui i rischi non possano essere evitati o sufficientemente ridotti da misure preventive, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro (art. 75 del DLgs. 81/2008).

Tali misure sono necessarie per ridurre il rischio da esposizione non prevedibile (art.240) e conseguentemente evitare eventuali richieste risarcitorie per danno biologico da parte del personale, ove mai dovesse essere infettato. Inoltre la mancata attuazione delle norme sulla sicurezza del lavoro, diventa motivo di revoca di benefici contributivi per assunzioni agevolate.

 

ASSENZE DAL LAVORO – LE CASISTICHE NELLA GESTIONE DEI RAPPORTI DI LAVORO

La repentina diffusione del contagio del Coronavirus crea situazioni particolari anche nella gestione delle assenze dei lavoratori. Il decreto legge “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”, varato il 23 febbraio dal Governo – che assegna ai Ministri ampi poteri di intervento straordinario per delimitare le potenziali occasioni di diffusione dei focolai – ha incrementato le occasioni in cui le attività lavorative possono essere particolarmente condizionate da interventi di Pubbliche Autorità. Le principali casistiche che si possono presentare sono:

  • A CASA PER L’ORDINANZA: assenza a causa dell’ordine della pubblica autorità, che impedisce ai lavoratori di uscire di casa. In questa situazione si realizza la sopravvenuta impossibilità a recarsi al lavoro per cause indipendenti dalla volontà del lavoratore, che resterà, dunque, a casa ma con la retribuzione pagata. In questi casi è evidente che l’assenza del lavoratore non solo è indipendente dalla sua volontà ma, anzi, è necessaria e dettata dal provvedimento d’ordine pubblico, finalizzato alla tutela della salute delle persone. È questo uno dei casi per i quali è stata richiesta l’emanazione di un provvedimento normativo che preveda la Cassa Integrazione Ordinaria per queste tipologie di eventi. Un’alternativa, laddove possibile, alla tipologia della prestazione lavorativa può essere rappresentata dalla convenzione di accordi di smart working, il lavoro agile che, ai sensi della l. n. 81/2017, può essere svolto in remoto dal lavoratore subordinato, a prescindere dalla sua presenza presso il luogo di lavoro. E’ necessario un accordo one-to-one, siglato fra azienda e lavoratore, e una comunicazione obbligatoria depositata dal datore di lavoro sul portale istituzionale del Ministero del Lavoro. Grazie al D.P.C.M. emanato il 23 febbraio 2020 e relativo alle misure da adottare per contenere il contagio nei comuni delle regioni Lombardia e Veneto, non sarà necessario il preventivo accordo scritto fra le parti.
  • SOSPENSIONE DELL’ATTIVITA’ AZIENDALE: tra le possibili misure di contrasto alla potenziale diffusione del virus rientrano anche le previsioni tendenti a vietare l’accesso in un determinato comune o area geografica, nonché la sospensione delle attività lavorative per le imprese e/o la sospensione dello svolgimento delle attività lavorative per i lavoratori residenti nel comune o nell’area interessata, anche ove le stesse si svolgano fuori dal comune o dall’area indicata. In questi casi è di tutta evidenza l’assoluta indipendenza della impossibilità della prestazione lavorativa dalla volontà del lavoratore, essendo l’azienda stessa impedita dal provvedimento dell’autorità pubblica allo svolgimento della normale attività produttiva. Risulta perciò evidente il permanere del diritto alla retribuzione pur in assenza dello svolgimento della prestazione, rendendosi doveroso anche in questo caso il riconoscimento dell’accesso a trattamenti di Cig, come preannunciato dal Ministro del Lavoro.
  • IN QUARANTENA OBBLIGATORIA: assenza per quarantena stabilita dai presìdi sanitari. Riguarda i lavoratori posti in osservazione, in quanto aventi sintomi riconducibili al virus. Questa ipotesi può comportare l’assenza da parte del lavoratore interessato. In tal caso il CCNL applicato stabilisce le modalità di gestione dell’evento che, comunque, è assimilabile a tutti i casi di ricovero per altre patologie o interventi. Non c’è dubbio che il lavoratore che non può essere presente sul luogo di lavoro in conseguenza dell’applicazione della misura della quarantena con sorveglianza attiva, perché ritenuto dall’autorità sanitaria (o comunque pubblica) ricompreso fra gli individui che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusa, è da considerarsi sottoposto a trattamento latu sensu sanitario e, pertanto, la sua assenza dovrà essere disciplinata secondo le previsioni, di legge e contrattuali, che riguardano l’assenza per malattia, con le conseguenti tutele per la salute e la garanzia del posto di lavoro.
  • IN QUARANTENA VOLONTARIA: assenza per quarantena volontaria da parte di persone che scelgono autonomamente di isolarsi pur non avendo sintomi palesi di contagio. Tra le misure di contenimento previste dal governo rientra l’obbligo da parte degli individui che hanno fatto ingresso in Italia da zona a rischio epidemiologico, come identificate dall’Oms, di comunicare tale circostanza al Dipartimento di prevenzione dell’azienda sanitaria competente per territorio, che provvede a comunicarlo all’autorità sanitaria competente per l’adozione della misura di permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva. La decisione di adottare, nelle more della decisione dell’autorità pubblica, un comportamento di quarantena “volontaria”, fondata sui predetti presupposti (o anche in ragione del contatto con soggetti ricadenti nelle condizioni previste), nei limiti dell’attesa della decisione circa la misura concreta da adottare da parte dell’autorità pubblica, può rappresentare comunque un comportamento di oggettiva prudenza, rispondente alle prescrizioni della normativa d’urgenza, e disciplinato conseguentemente come per le astensioni dalla prestazione lavorativa obbligate dal provvedimento amministrativo.
  • ASSENTI PER PAURA DI CONTAGIO: assenza autodeterminata da parte di lavoratori che ritengono il fenomeno dell’epidemia sufficiente di per sé a giustificare l’assenza dal lavoro, pur non sussistendo provvedimenti di Pubbliche Autorità che impediscano la libera circolazione. Un’assenza determinata dal semplice “timore” di essere contagiati, senza che ricorra alcuno dei requisiti riconducibili alle fattispecie previste, non consente dunque di riconoscere la giustificazione della decisione e la legittimità del rifiuto della prestazione. In tal caso si realizza l’assenza ingiustificata dal luogo di lavoro, situazione da cui possono scaturire provvedimenti disciplinari che possono portare anche al licenziamento.

Lo Studio è a disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento.
Torri di Quartesolo, 26 Febbraio 2020

 

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    CIRCOLARE N. 9/2020 Corona virus – Sicurezza sui luoghi di lavoro e assenze del lavoratore

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